Correlazione tra vaccini e decessi:uno studio siciliano
CATANIA – La sussistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione vaccinale e l’evento fatale avverso. Un tema attuale al centro di studi dei ricercatori di tutto il mondo e anche delle procure. In seguito ad alcuni eventi fatali avversi temporalmente correlati alla somministrazione vaccinale da Covid-19 che si sono verificati nel marzo scorso, le procure di Catania e Gela, e poi anche da altre procure italiane, hanno aperto inchieste su casi sospetti di trombosi cerebrali e eventi mortali. Per stabilire la sussistenza di un nesso di causalità tra la somministrazione vaccinale e l’evento fatale avverso, il prof. Cristoforo Pomara, direttore dell’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Catania e ordinario di Medicina legale dell’Università di Catania, ha fortemente voluto la costituzione di un collegio di alta professionalità a cui si sono aggiunte le collaborazioni scientifiche con altri ricercatori di diverse università italiane.
I lavori sono stati condotti, oltre che dal prof. Pomara, anche da Francesco Sessa, Marcello Ciaccio, Francesco Dieli, Massimiliano Esposito, Giovanni Maurizio Giammanco, Antonello Giarratano, Sebastiano Fabio Garozzo, Daniele Prati, Francesca Rappa, Monica Salerno, Claudio Tripodo, Pier Mannuccio Mannucci e Paolo Zamboni.
Il team di esperti, con due studi pubblicati su Haematologica (dal titolo Post-mortem findings in vaccine-induced thrombotic thombocytopenia) e Diagnostics (dal titolo COVID-19 Vaccine and Death: Causality Algorithm According to the WHO Eligibility Diagnosis), autorizzati dalle procure, ha condiviso con la comunità scientifica internazionale i dati scientifici utili alla definizione del nesso di causa tra somministrazione vaccinale e due casi di eventi fatali avversi e, soprattutto, la definizione di un algoritmo operativo da applicare in tutti i casi similari al fine di definire scientificamente la correlazione tra i due eventi.
«Da una revisione della letteratura – afferma il prof. Pomara – emerge che ad oggi siamo tra i pochi in Italia ad aver pubblicato i risultati relativi ad indagini post mortem in casi del genere. Se guardiamo all’esecuzione di indagini immunoistochimiche, possiamo affermare di essere stati gli unici a livello mondiale ad aver eseguito accertamenti di questo tipo. In quest’ottica è fondamentale rimarcare il ruolo cruciale che l’autopsia riveste in casi similari. L’indagine post mortem rimane il gold standard per definire non solo la causa esatta della morte, ma anche i processi fisiopatologici ad essa correlati. Sebbene questo importante concetto sia costantemente rimarcato, diversi scienziati considerano, erroneamente, l’autopsia obsoleta. Ricordo per esempio, che nella prima fase del periodo della pandemia da Covid-19, solo un numero limitato di autopsie è stato eseguito in tutto il mondo, contribuendo tuttavia in modo importante alla definizione dei meccanismi fisiopatologici del virus».
«Diversi governi hanno spesso scoraggiato, se non addirittura proibito, l’indagine post mortem – aggiunge il prof. Pomara -. Sempre col mio gruppo, lo definimmo in una pubblicazione internazionale di maggio 2020, come il “lockdown” della scienza. Per quanto concerne gli eventi avversi fatali da somministrazione vaccinale, è opportuno evidenziare che è attivo un monitoraggio costante a livello nazionale e internazionale relativo alle reazioni avverse da vaccino. Tuttavia, ad oggi, l’accertamento autoptico resta una eventualità e non un obbligo: al contrario, noi siamo fermamente convinti che non si possa prescindere dallo stesso al fine di definire il nesso di causalità».
«Non a caso, nella pubblicazione du Diagnostics, proponiamo un workflow in cui riteniamo indispensabile il ricorso alle indagini autoptiche nell’accertamento del nesso di causalità. L’auspicio è che la comunità scientifica e i governi raccolgano quest’invito – aggiunge il docente etneo -. Ad oggi, sulla base delle evidenze scientifiche, i risultati condotti su soggetti in cui è stato accertato il nesso di causalità tra somministrazione vaccinale e decesso mostrano la presenza costante di micro-trombi diffusi e aree emorragiche a livello encefalico. I meccanismi alla base di questa sindrome denominata trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino, o VITT, sono ancora in via di definizione. Il meccanismo più probabile è che a seguito della somministrazione vaccinale, in rarissimi soggetti, vi sia la produzione di anticorpi che legano PF-4, il potente fattore di attivazione delle piastrine, generando una serie di eventi che porta all’exitus del paziente nei casi più gravi. La grande sfida per la comunità scientifica nella lotta contro il Covid-19 è rappresentata dal successo della campagna di vaccinazione globale e in questa luce, è importante fornire prove scientifiche per dissipare i dubbi dell’opinione pubblica, che finirebbero per rallentare questo processo. Pertanto, è opportuno evidenziare che i dati raccolti fino ad ora confermano l’estrema rarità della VITT e soprattutto la possibilità di diagnosticarla in tempo e trattarla in modo che non sia fatale».
“I vaccini sono ad oggi l’unica vera arma contro il virus e la sua diffusione – conclude il prof. Pomara -. È fondamentale studiare anche rari casi mortali perché l’ignoranza genera mostri. I vaccini sono sicurissimi e i loro rari effetti avversi molto minori se paragonati all’assunzione di qualsiasi altro farmaco. Inutile fare esami prima del vaccino e solo in presenza di chiari sintomi spia al limite, dietro consulto specialistico farne di specifici. In queste ore anche i miei figli si vaccineranno e non mi importa con che vaccino. La vaccinazione è segno di educazione civica e rispetto degli altri».