MILO (Ct) – Enoturismo: Non bastano solo bus elettrici. Marketing e Innovazione sono priorità
Priorità alla sostenibilità. Se n’è parlato al convegno organizzato venerdì 10 settembre dall’Associazione Strada del Vino e dei sapori dell’Etna, nell’ambito della ViniMilo 2021. Un momento di confronto anzi una
“lezione” su come dovrà cambiare radicalmente il settore dell’enoturismo in vista degli obiettivi che l’Europa si è posta nell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
All’incontro, moderato dalla giornalista Carmen Greco, hanno partecipato la presidente della Strada del Vino e dei Sapori dell’Etna, Gina Russo, la direttrice della stessa associazione Marika
Mannino, la prof. Lucrezia Lamastra, ricercatrice dell’istituto di Chimica Agraria ed Ambientale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha partecipato alla stesura del “Viva”
(uno degli standard di valutazione della sostenibilità della Vitivinicoltura oggi disponibili per le aziende) del ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare; Daniele D’Ammaro,
dottorando dell’Università Cattolica di Piacenza e Maurizio Lunetta, presidente del Consorzio di
Tutela dell’Etna Doc.
“Non è mettendo semplicemente dei bus elettrici per accompagnare i turisti in cantina o delle
bici a pedalata assistita che si rende “sostenibile” il settore dell’enoturismo – ha esordito la prof.
Lamastra – perché la sostenibilità di un territorio deve mettere assieme un paesaggio, la sua
bellezza, la sua biodiversità, ma anche la sua cura. In più un territorio ecosostenibile deve poter
inglobare anche la comunità e i servizi. Non basta – ha ribadito la ricercatrice – un’azienda
vitivinicola che faccia bene accoglienza, serve che ne benefici tutto il territorio circostante,
che questo cambiamento incida in maniera significativa sull’economia del territorio e,
soprattutto, che tutte queste azioni, avviate sinergicamente, durino nel tempo”.
“Certo – ha aggiunto la prof. Lamastra che ha lavorato a due importanti progetti relativi alla
filiera agroalimentare: SOStain – programma di Sostenibilità aziendale a carattere volontario e
proattivo, e VIVA il progetto del Ministero dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare per
la “sostenibilità della Vitivinicoltura Italiana”- la sostenibilità è un processo lento, non si realizza
dall’oggi al domani, si possono prendere spunti da altri territori, penso al Chianti, ma ciascuno e
l’Etna in particolare deve trovare la sua strada. Oggi ci troviamo, però, in una condizione favorevole, perché chi parte adesso, può trovarsi in vantaggio nel lavorare su questi temi. Per
vincere questa sfida a favore delle prossime generazioni bisogna, però, muoversi tutti insieme,
tutti gli attori sul territorio devono convergere su questo obiettivo comune, l’enoturismo è solo
una parte di questo sistema, ma da solo non “crea” sostenibilità”. Cosa deve fare il territorio per diventare una destinazione turistica attrattiva, l’ha spiegato con l’aiuto di una serie di slide Daniele D’Ammaro, dottorando dell’Università Cattolica di Piacenza che ha sottolineato come “il bel paesaggio non basta più” o, meglio, come oggi in un mondo così diversificato per l’offerta turistica anche quella legata al vino, non sia più sufficiente. Visite
guidate, escursioni, cicloturismo, esperienze gastronomiche, incontri con gli artigiani del luogo,
tutto questo contribuisce a quella visione “out of the box” – come si dice in gergo – che vede
nel paesaggio un “contenitore” da riempire con qualcosa di autentico, che sia una bottiglia di
vino o un’alba vissuta sul cratere dell’Etna. “Per rispondere al mercato – ha sottolineato
D’Ammaro il business deve fare leva su due concetti la pubblicità (e cioè il marketing) e
l’innovazione (e in questo rientra la certificazione di sostenibilità)”.
In sostanza l’obiettivo delle aziende dev’essere quello di guardare oltre i propri bilanci e anche
oltre i propri vigneti. “E’ necessaria un’intermediazione – ha aggiunto D’Ammaro – un turismo
organizzato su un portale web, non si può più andare ognuno per conto proprio. Bisogna
proporre al turista o all’enoturista non solo la bottiglia di vino ma tutto ciò che c’è attorno,
l’artigianato, le feste della comunità (anche legate al vino), le attività sportive nella natura,
dalle gite in bike, alle maratone, le attività culturali, le visite ai musei, gli incontri con gli artigiani,
la relazione con gli abitanti, tutto ciò che può contribuire a farsi un’idea quanto più completa
del luogo in cui ci si trova, anche azzardando di “spostare” l’interesse del turista dal vino a un
altro tipo di prodotto, come hanno fatto – per esempio, nella Piana del Sele (Salerno) dove
hanno costruito un brand sulla mozzarella di bufala. Lì tutto parla della mozzarella di bufala,
dalla lavorazione delle pelli, al museo alla cartellonistica”.
Se è vero che la sostenibilità sarà imprescindibile, d’ora in poi, per le aziende tutte e in
particolare per quelle che producono vino è anche vero che avere una certificazione da parte
delle agenzie costa e “non tutte le aziende – ha rilevato pragmaticamente Maurizio Lunetta
presidente del Consorzio Etna doc, potranno permetterselo”, tanto più che l’Etna è fatta – a
parte qualche eccezione – di aziende piccole e parcellizzate su un territorio in cui è regina la
biodiversità. Partendo da questo vantaggio e dai dati incontrovertibili sul consumo di materie prime non
rinnovabili sui quali non si possono più chiudere gli occhi – uno su tutti: per produrre una
bottiglia di vino ci vogliono 600 litri d’acqua, dalla vigna alla cantina – Lunetta ha lanciato
l’idea di “un percorso di sostenibilità territoriale a carico del Consorzio” che sgravi le piccole
aziende dai costi annuali delle certificazioni. “Mi piacerebbe molto – ha annunciato –creare
una denominazione sostenibile. Abbiamo avviato un progetto che vorremmo portare avanti nei
prossimi anni”.