BRONTE – Gli studiosi dell’UniCt dicono NO ai bus sull’Etna
Lettera aperta alla Regione . Ecco testualmente tutto il contenuto.
“Il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania,
essendo da sempre impegnato con i suoi docenti e ricercatori in ricerche che hanno
accresciuto le conoscenze sul vulcano e contribuito concretamente alla istituzione del Parco
dell’Etna, ritiene opportuno intervenire sulla complessa ed intricata vicenda legata
all’autorizzazione rilasciata dal Parco dell’Etna ai Comuni di Bronte e Maletto per lo
svolgimento di attività turistica tramite autobus motorizzati in zona A e B del suddetto
Parco.
Tale autorizzazione è stata revocata dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente
della Regione Siciliana ma, a seguito di un recente incontro tra l’Assessore con i Sindaci dei
Comuni di Bronte e Maletto ed il Presidente dell’Ente Parco, potrebbe essere legittimata
dallo stesso Assessorato. A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa si rileva
che il Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN) non è stato
interpellato, anche perché nella prima fase non era stata inviata alcuna documentazione in
merito dall’Ente Parco agli uffici regionali.
Il Consiglio del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università
di Catania nella seduta del 29.11.2021 ha approvato all’unanimità un documento nel quale
vengono spiegate le ragioni tecnico-scientifiche per le quali l’autorizzazione in oggetto
merita una valutazione più attenta al fine di salvaguardare i valori naturalistici e ambientali
che caratterizzano il territorio etneo anche nel rispetto della legge istitutiva del Parco e del
suo Regolamento. Di seguito, sono brevemente evidenziate le maggiori criticità :
1) L’autorizzazione è stata rilasciata in contrasto con la “Disciplina delle attività esercitabili
in ciascuna zona del territorio delimitato in funzione degli obiettivi da perseguire” che per
la zona A recita testualmente all’art. 2.2l: “è vietato introdurre veicoli motorizzati, ad
eccezione di quelli utilizzati per motivi di servizio o di sorveglianza vulcanica”. Pertanto, la
concessione dell’autorizzazione non solo disattende palesemente la disciplina delle attività
previste nel decreto istitutivo del Parco, ma anche le sue finalità istitutive. Il succitato
divieto, infatti, deriva dall’esigenza di tutelare concretamente gli eccezionali valori
naturalistici che caratterizzano la zona A e B del Parco dell’Etna, rendendola unica nel suo
genere.
Si sottolinea, inoltre, che non risponde al vero quanto dichiarato dal Presidente del Parco in
merito al parere positivo rilasciato dal Comitato Tecnico-Scientifico (CTS); esso infatti non
esiste più, essendo stato abolito e sostituito dal CRPPN che, a tale riguardo, non è stato
interpellato.
2) Il vulcano nel corso degli ultimi settanta anni ha subito una pressione antropica eccessiva
e a volte incontrollata che, sugli alti versanti meridionale e nord-orientale, ha compromesso
delle aree di grande valenza ambientale e paesaggistica. Proprio per evitare l’aumento del
carico antropico su questi versanti e per salvaguardare i versanti ancora integri, nel 1987 è
stato formalmente istituito il Parco Regionale dell’Etna con l’obiettivo di tutelare un bene di
eccezionale valore.
3) Il Parco in questi 35 anni ha richiamato sul nostro vulcano milioni di turisti, che fino ad
oggi hanno potuto godere delle sue bellezze e delle sue peculiarità naturalistiche nel pieno
rispetto della legge istitutiva. L’autorizzazione rilasciata dall’Ente Parco dell’Etna, oltre ad
infrangere la legge istitutiva e il regolamento del Parco, è in netto contrasto con la
salvaguardia dei valori che ne contraddistinguono l’identità naturalistica e che hanno
portato al suo riconoscimento come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Questa
autorizzazione, inoltre, va in direzione opposta al grido dall’allarme lanciato dagli scienziati
di tutto il mondo sulla necessità di uno sviluppo realmente e concretamente sostenibile e
sulla riduzione degli impatti antropici.
4) Infine, va sottolineato che la fruizione turistica motorizzata delle quote elevate è già una
opzione
ampiamente sviluppata sul vulcano. Occorre a tal proposito ricordare che esistono ben sette
strade asfaltate che si inerpicano al di sopra dei 1.500 m di quota, quattro lungo il versante
meridionale, una lungo il versante occidentale e due lungo quello settentrionale; a queste
vanno aggiunte due strade sterrate che da sud e da nord raggiungono i crateri sommitali,
fruibili a scopo turistico.
Anziché autorizzare l’ingresso di mezzi motorizzati per trasportare turisti sulle piste
altomontane per visite brevi e fugaci – autorizzazione che un domani potrà essere richiesta
anche dagli altri Comuni che insistono sul vulcano e su tutti gli altri parchi regionali, con
conseguenze certamente molto negative sugli equilibri naturali – si auspica fortemente che
venga ampliata un’offerta turistica più eco-sostenibile, che non solo potrebbe incrementare
i livelli occupazionali delle comunità locali ma anche rappresentare un’occasione di sviluppo
realmente sostenibile e duraturo per l’intera comunità che vive attorno e sul vulcano. Tutto
ciò nel pieno rispetto dell’ambiente e delle eccezionali emergenze geomorfologiche e
vulcanologiche, vegetazionali, floristiche e faunistiche che esso ospita.
Pertanto, alla luce di queste considerazioni, se da un lato si auspica fortemente la revoca
dell’autorizzazione, dall’altro lato ci si augura che venga implementata una progettazione
di ampio respiro, basata su principi scientifici di tutela e gestione degli ambienti naturali,
che elabori un insieme di iniziative comuni e condivise che portino ad un turismo realmente
più consapevole e rispettoso dei valori naturalistici di un territorio ricco, ma allo stesso
tempo estremamente fragile come quello del nostro vulcano.”