22 Novembre 2024

ETNA – Condannato il Parco nella controversia con la Funivia dell’Etna per gli espropri

FOT11517_d0Si conclude, dopo oltre dieci anni, la vicenda controversa sull’esproprio dei terreni che ha visto opposti il Parco dell’Etna e la Società Funivia dell’Etna S.p.A.. La sentenza pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, che ha confermato in toto la sentenza di primo grado del TAR Catania, vede definitivamente soccombente l’Ente Parco dell’Etna condannato anche al pagamento delle spese legali. Una vicenda che risale al lontano 1997 ed al 1999, quando l’Ente Parco approva un progetto di esproprio che prevede aree interessate dalla procedura ablativa di proprietà della Funivia dell’Etna. Già un primo ricorso sulla illegittimità della procedura vede vincere i privati con sentenza del CGA, che con una sentenza del 2003 annulla integralmente gli atti della procedura. Successivamente, nel 2003, l’Ente Parco, ripropone la procedura espropriativa prevedendo, in modo del tutto singolare, l’esproprio non solo delle zona “A” ma anche di vaste porzioni di zone “B” e perfino di zone “C”. Da quel momento anche per effetto di numerosi decreti di esproprio che si sono succeduti e reiterati negli anni, la Funivia dell’Etna S.p.A. avanza ricorso al TAR Catania che con sentenza di primo grado condanna il Parco, annullando integralmente la procedura espropriativa e restituendo le aree alla legittima proprietaria. Da questo l’impugnazione in appello dell’Ente Parco che la sentenza del CGA respinge in via definitiva, nel merito ritenuto infondato. Grande soddisfazione della Funivia dell’Etna S.p.A., difesa dall’avv. Nicolò D’Alessandro, che commenta: «Il tentativo dell’Ente Parco di sfuggire alle norme sul procedimento amministrativo escludendo i privati dalla possibilità di interloquire sulle scelte delle aree e dei tempi e dei modi dell’espropriazione, ha condotto a questa conclusione disastrosa per le finanze dell’ente; viceversa una scelta più legittima tale da consentire la partecipazione collaborativa dei privati, avrebbe consentito di coniugare la cura dell’interesse pubblico con le iniziative di quei privati che tentano, tra mille difficoltà, di promuove l’uso consapevole della montagna e lo sviluppo economico dell’intero comprensorio». Il dott. Francesco Russo, Amministratore Unico della Società,  esprime tutta la sua soddisfazione: «E’ stata fatta giustizia!. Una travagliata vicenda – chiarisce – che ha visto costretto a doversi difendere prima mio padre e poi io. Ancora oggi non comprendo le ragioni di tanto accanimento nei confronti della Funivia dell’Etna. Le dichiarazioni dell’avv. D’Alessandro sono la cartina tornasole di tutta questa storia. Già mio padre aveva avanzato diverse proposte transattive e di pacificazione all’Ente proponendo perfino la cessione gratuita delle aree in Zona “A” e la restituzione di quelle in zona B e C su cui l’Ente non ha autorità per espropriarle. Ma a tutte le proposte è stato sempre risposto picche. Poi la tragica vicenda della sua scomparsa che ha visto un incomprensibile inasprimento nel dialogo con l’Ente e soprattutto con la presidente Marisa Mazzaglia alla quale io, sulla strada tracciata da mio padre, ho reiterato le proposte transattive, producendone di altre pur di addivenire ad una soluzione concertata. Ma il risultato è sempre stato lo stesso: porte in faccia e richieste vessatorie che non potevano trovare alcun accoglimento. L’Ente ha preferito proseguire su una strada ricca, come la sentenza stessa recita, di giustificazioni del tutto lacunose che hanno portato al risultato di oggi. Naturale conseguenza di questo risultato sarà quella che la Funivia dell’Etna adesso continuerà a perseguire, nelle sedi competenti e senza indugio, la salvaguardia dei propri diritti patrimoniali. Da questa vicenda emergono – conclude il dott. Francesco Russo – considerazioni evidenti ed importanti che, inevitabilmente, dovranno far riflettere chi è chiamato a scegliere chi deve guidare Enti come il Parco dell’Etna, il cui unico scopo dovrebbe essere  quello di tutelare il patrimonio naturale e l’interesse pubblico di un sito dichiarato Patrimonio dell’Umanità, contemperando però gli equilibri che il territorio richiede sfruttando al massimo, per la sua valorizzazione, le risorse umane ed imprenditoriali locali traendone da esse la massima collaborazione senza però doverne necessariamente lederne i diritti».